I PRETI DI SATANA

29 Apr

Tre interventi di 101 Parole per Rock City

Il ragazzo si chiamava Igor, magro come un giunco, i capelli riccioli e corvini gli ricadevano sul volto. Esibiva disinvolto un enorme tatuaggio sul braccio destro, che dal polso saliva fino alla gola, la testa di un cobra con le fauci spalancate. Quello non era un semplice tatuaggio, ma un segno di riconoscimento. A Rock City venivano chiamati Preti di Satana. Alcuni dicevano che bazzicassero le fogne e se la intendessero per davvero con Belzebù. Organizzavano concerti illegali, spacciavano petali di rose nere e aiutavano le star a liberarsi dei ceppi che le legavano alle major.
Insomma, erano gente a posto.
Igor spezzò il fiore come fosse Gesù. I petali andavano messi sotto la lingua, poi chiudevi gli occhi e contavi fino a dieci. Se la spinta era forte potevi raggiungere la giusta frequenza ed entrare nel Vortice. Laggiù poteva succederti di tutto, anche incontrare Sebastian Simmons, il chitarrista dei Purplemath. Lui si che ci andava pesante con quella roba!
Ricevetti il dono come un ostia ed abbassai le palpebre. Venni risucchiata in un turbine di tepore. In sottofondo potevo udire distintamente le note di Plesure, la hit del momento. Per un attimo temetti di perdermi, poi qualcuno afferrò la mia mano…
Era Igor, ma in una forma nuova. Con noi c’erano anche gli altri della gang, amici di scuola e di viaggio. Insieme fluttuavamo in un cielo indaco, come aquiloni rubati alle mani dei bambini. Quello era il Vortice, una dimensione a metà strada tra la musica e lo sballo. Solo gli sciamani più in gamba di Rock City erano in grado di far nascere una rosa nera. Crescevano nel sottosuolo, dove si diceva dimorasse lui, il diavolo…
Igor mi guardò negli occhi come se volesse leggermi l’anima. Gli sorrisi…
Plesure intanto era arrivata al secondo ritornello, e noi eravamo totalmente fuori.

Lascia un commento