Ecco una lista dei concept album che reputo fondamentali. Ho forzato le mie scelte evitando di inserire più di un album per band, di conseguenza molti dischi importanti sono rimasti fuori. Ho anche cercato di abbinare ai classici alcune mie personali “scoperte”.
1. TOMMY – The Who (1968)
Un capolavoro del rock, un disco fondamentale, l’esempio principe del disco-viaggio. Guardalo e ascoltalo qui.
2. THE LAMB LIES DOWN ON BROADWAY – Genesis (1974)
Un disco controverso che i critici hanno calpestato, a mio avviso è invece il lavoro più maturo dei Genesis. Guardatevi questa performance di Peter Gabriel del ’78, quando ormai se ne era già andato da diversi anni dalla band. Continua a leggere →
Un racconto-omaggio dedicato ad una pietra miliare del rock.
“Tommy, riesci a sentirmi?”
Non avevo mai visto la luce fino a quel momento. La luce fa male. È come un taglio sulla fronte, come se qualcuno dilatasse i lembi di una ferita strappandoti la pelle di dosso. Ma subito il dolore si acquieta, e ti ritrovi a galleggiare in un bagno incolore, perché anche se c’è chi dice che la luce è bianca, per me i colori non significano niente. Non so cosa siano. Non l’ho mai saputo.
“Tommy, riesci a sentirmi?”
Non avevo mai udito un suono fino a quel giorno. La stanza era quieta, i dottori bisbigliavano appena. Riuscivo a sentire soltanto il rumore degli strumenti metallici e il bip del monitor. Eppure era come se un trapano mi perforasse il timpano. La cadenza ossessionante di quel suono torna ancora a disturbarmi nei miei incubi al di fuori della Macchina…
“Tommy, riesci a sentirmi?”
Non sapevo parlare. Non potevo parlare… Eppure quella figura accecante fatta di luce continuava a chiamarmi, a chiedermi disperatamente se riuscivo a sentirla. La sua voce non era come quella dei dottori più sotto o dei loro strumenti. Quella non faceva male, perché non era una voce fatta di suono. Forse era fatta di luce, chissà…
“Si, ti sento…”
Era la prima volta che parlavo. Non conoscevo le parole perché non le avevo mai sentite, e poi anche se le avessi sapute le mie corde morte non sarebbero state capaci di sputarle fuori. Forse risposi attraverso la luce, alla stessa maniera del mio interlocutore…
“Devi tornare indietro.”
“Indietro?”
“Si, laggiù…”
La figura indicò la stanza dei dottori, il lettino in cui un corpo apparentemente privo di vita giaceva con dei tubi che gli fuoriuscivano dalla bocca e dal naso. Ero io? Non mi ero mai visto allo specchio perciò non potevo dirlo con sicurezza, eppure ero sicuro che fossi io…
“Perché?”
Già, perché sarei dovuto rientrare in quell’involucro di carne privo di orifizi funzionanti? Cieco, sordo e muto dalla nascita, il corpo più difettoso che un dio perverso potesse concepire. Trentadue anni rinchiuso in quel guscio di pelle, isolato da tutto e da tutti. Adesso che riuscivo a sentire e a vedere, anche se in maniera diversa, perché avrei dovuto ritornare nell’oscurità e nell’oblio di quel corpo?
“Non è ancora arrivato il momento, Tommy. Devi tornare…”
Tornare nel nulla. Che voleva dire che non era il momento? Quale destino idiota fa nascere una persona cieca, sorda e muta, la fa sopravvivere per trentadue anni e poi le concede un rapido sguardo all’aldilà, alla bellezza, alla luce, al suono, per poi privarla nuovamente di tutto e per chissà quanto tempo ancora?
“Tommy, riesci a sentirmi?”
“No, non riesco a sentirti…”
Non potevo seguire la figura di luce e non volevo tornare dentro quella macchina difettosa che era stata il mio corpo. Ma vi era una terza via. C’è sempre una terza via… Impulsi afoni, onde magnetiche e sistemi binari. Seguii quella strada, un tunnel di simboli e forme, stringhe di luci soffuse e suoni grevi, fino ad arrivare a quello che solo in un secondo momento riuscii a definire; il Trasformatore…
“Tommy, riesci a sentirmi?”
“Si, ti sento.”
“Sei pronto?”
”Sono pronto.”
Negli abissi neurali di un cervello morto, il codice della coscienza diventa una manciata di qubit lanciati nell’etere. Il Trasformatore può immetterli in circolo nella Macchina, la grande Macchina, la nostra Macchina.
Adesso come vedete posso parlarvi e posso sentirvi, e se accendete la webcam posso anche vedervi. Non abbiate paura, sono un tipo a posto, io.
Mi chiamo Tommy, piacere di conoscervi…
Il diavolo mi venne incontro quella sera e mi offrì un po’ di fica. Potevo forse dirgli di no?
Non siate moralisti adesso… lo so che volete fare i maestrini, ma non vi crederò mai. Il diavolo mi mostrò la potta e io gli calai il lesso. “Scopri le carte, vecchia serpe…” e lui le scoprì. Non se lo fece chiedere due volte. Due russe che erano uno sballo.
Bene ragazzo, hai le carte giuste per giocare, mi disse…
Ma il ballo era solo all’inizio, e l´alcol scorreva tranquillo tra le pupille, un grammofono mi cantava un blues lontano, mentre loro iniziavano a contorcersi. Io rimasi lì, col bicchiere in mano. Il diavolo mi disse di sbottonarmi, ma io rimasi quieto. “La notte é giovane” dissi. E mi accesi una Diana.
Il diavolo sembrò schifato e gettò sul tavolo tre mazzi di banconote. Poi lasciò la sala, e le bambine c´avevano ancora addosso i reggiseni…
Col diavolo per saperci fare devi essere proprio stronzo!
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