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L’AGNELLINO D’ORO DELLA MUSIC DOME

25 Ago

Micky Lamb, l’agnellino d’oro della Dome, salì sul palco quella sera dopo aver calato un cocktail micidiale di alcol e anfetamine di dubbia qualità. Era il quinto concerto consecutivo, il finale di un tour distruttivo al quale era impegnato per colpa di uno sporco contratto, firmato per sbaglio in una notte balorda.
Grazie alle basi registrate anche quella volta la sua performance risultò convincente, almeno fino al secondo bis, quando si tuffò a volo d’angelo sulla platea e il cuore gli esplose nel petto.
Due mesi dopo la Music Dome incassò venti milioni di dollari per un’assicurazione sulla vita. La sua.

101 parole per Rock City

SWEET DREAMS

15 Mag


Sweet Dreams era il club, esclusivo e privato, della Dream Records.
Lì si stipulavano accordi, si firmavano contratti milionari, bevendo bourbon, fumando sigari, giocando a poker, a biliardo.
La dependance ospitava altro: era il regno indiscusso di Lady Heather.
Strizzata nel bustier di pelle nera, stivali a mezza coscia, una croce appesa allo strangolino, il frustino da dressage nella mano inguantata.
Centinaia di dollari per un’ora di dolce dominazione, migliaia per una notte, al ritmo di “Play the Game”, di “Devil’s Answer”.
Una figlia, illegittima come lei, in un collegio svizzero.
Suo padre era il proprietario della Music Dome.

101 Parole per Rock City

L’ERBA DELLE STREGHE

5 Mag

Viveva ai margini della città, la casa era isolata, immersa nel verde.
Tutti la conoscevano, chiunque arrivasse a Rock City desiderava incontrarla.
Ne parlavano come fosse una leggenda: una donna giovane, piccola e minuta.
Capelli biondi da Medusa.
I grandi occhi, neri e bistrati, ti entravano dentro.
Dave arrivò da lei dopo il concerto: aveva bisogno del solito sballo.
Gli versò qualche goccia di tintura di stramonio nel boccale di birra.
Iniziò a bere, stravaccato sul divano, fino a perdersi nelle agognate allucinazioni.
Lei ospitava il vice amministratore della Dome Records a giorni alterni.
Da anni era il loro inconfessabile segreto.

Morgendurf per 101 parole

I PRETI DI SATANA

29 Apr

Tre interventi di 101 Parole per Rock City

Il ragazzo si chiamava Igor, magro come un giunco, i capelli riccioli e corvini gli ricadevano sul volto. Esibiva disinvolto un enorme tatuaggio sul braccio destro, che dal polso saliva fino alla gola, la testa di un cobra con le fauci spalancate. Quello non era un semplice tatuaggio, ma un segno di riconoscimento. A Rock City venivano chiamati Preti di Satana. Alcuni dicevano che bazzicassero le fogne e se la intendessero per davvero con Belzebù. Organizzavano concerti illegali, spacciavano petali di rose nere e aiutavano le star a liberarsi dei ceppi che le legavano alle major.
Insomma, erano gente a posto.
Igor spezzò il fiore come fosse Gesù. I petali andavano messi sotto la lingua, poi chiudevi gli occhi e contavi fino a dieci. Se la spinta era forte potevi raggiungere la giusta frequenza ed entrare nel Vortice. Laggiù poteva succederti di tutto, anche incontrare Sebastian Simmons, il chitarrista dei Purplemath. Lui si che ci andava pesante con quella roba!
Ricevetti il dono come un ostia ed abbassai le palpebre. Venni risucchiata in un turbine di tepore. In sottofondo potevo udire distintamente le note di Plesure, la hit del momento. Per un attimo temetti di perdermi, poi qualcuno afferrò la mia mano…
Era Igor, ma in una forma nuova. Con noi c’erano anche gli altri della gang, amici di scuola e di viaggio. Insieme fluttuavamo in un cielo indaco, come aquiloni rubati alle mani dei bambini. Quello era il Vortice, una dimensione a metà strada tra la musica e lo sballo. Solo gli sciamani più in gamba di Rock City erano in grado di far nascere una rosa nera. Crescevano nel sottosuolo, dove si diceva dimorasse lui, il diavolo…
Igor mi guardò negli occhi come se volesse leggermi l’anima. Gli sorrisi…
Plesure intanto era arrivata al secondo ritornello, e noi eravamo totalmente fuori.